I Raineri a Casticciano di Bertinoro. Villa Carpena e Vittorio Mussolini

Dal fine 1800 ad oggi
Da Casa Varano a Casticciano
I Raineri in Forlì
2 ottobre 1996 - Incontro con Vittorio Mussolini a Villa Carpena di Forlì

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Il nonno Pietro da Casa Varano a Casticciano, a Forlì e a Colleferro di Roma.
Fine del 1800 - Metà del 1900

Pietro, figlio di G. Domenico ed Anna Costa, nacque a Varano di Costa, comune di Predappio, il 19 aprile del 1879 nella casa già descritta di Giuseppe Domenico. 
	Da bambino conobbe Maria Lombardi, sua seconda cugina (avevano lo stesso bisnonno: Giuseppe Pellegrino); il ...? del 1900 la condusse all'altare.

A differenza del fratello, egli non aveva frequentato che la prima elementare, ma prima di sposarsi volle prendere la licenza di terza, che a quei tempi era indice di cultura superiore alla media, vista l'ancor alta percentuale di analfabeti. Il suo insegnante fu Benito Mussolini, che a quel tempo studiava da maestro (si diplomò l'anno seguente) e fu sua madre Rosa Maltoni, già sua insegnante in prima elementare, che gli fece prendere la licenza.

All'epoca, Benito veniva chiamato dai forlivesi, "il matto di Predappio", appellativo affibbiatogli da Valfredo Carducci, fratello del grande poeta, direttore della scuola che che frequentava a Forlimpopoli, per la sua strana ed incorreggibile condotta.

Pietro era quattro anni più vecchio di Benito e avevano vissuto per anni sotto lo stesso tetto. Benito, spesso era a casa solo durante il periodo estivo, poiché‚ i suoi, pur avendo pochi mezzi, facevano sacrifici per far sì che il loro primogenito studiasse e lo mandarono in collegio, prima a Faenza e poi a Forlimpopoli, dove si diplomò. Forse sua madre, visti i lusinghieri risultati di Sebastiano, che superava a pieni voti gli studi ginnasiali e liceali, avrebbe sperato la stessa scelta; ma Alessandro era di diverso parere e preferì spendere soldi per un collegio, benché‚ fosse retto da salesiani, ma mai mandarlo in un seminario ed abbandonarlo animo e corpo ai " neri", così venivano chiamati i preti dagli anticlericali, che all'epoca in Romagna erano numerosi. Comunque Benito non si sarebbe mai fatto prete, visto il suo carattere impulsivo, attaccabrighe e prepotente che dimostrava di avere già da bambino, sempre desideroso di battersi e di primeggiare.

Nel 1903 Pietro, come sappiamo, si era trasferito con tutta la famiglia a vivere insieme al fratello prete. Si trovarono così tutti riuniti: i genitori Giovanni Domenico e Anna, lo zio Giuseppe, Pietro, Maria, la piccola Giuseppina e Don Sebastiano. 
	L'aver venduto la casa di Varano e poter usufruire del podere di Casticciano e di quella abitazione fu questa perciò una saggia decisione che portò la famiglia a trascorrere una vita agiata e tranquilla senza troppi problemi. Maria mise al mondo altri cinque figli: Geltrude (Tudina) nel 1904; Nino nel 1906; Teresa nel 1907; Luigi nel 1910 che morì  di difterite alla tenera età di nove mesi; ancora Luigi nel 1911; Giovanni nel 1912 e Delia nel 1914.
	Pirò, così veniva chiamato in romagnolo, era un buon fattore, vivace nello spirito e nobile di animo; aveva un carattere differente dal fratello, ed un diverso modo di concepire la vita, più leggero e superficiale e fisicamente  più attivo e dinamico. Aveva abitudine durante il tempo libero, di frequentare in allegra compagnia, osterie e ritrovi danzanti (se non in politica, del quale campo era praticamente disinteressato, aveva gli stessi hobby del suo amico d'infanzia, Benito); non certo in compagnia della propria consorte, che da ballare ne aveva fin troppo... con tutti quei figli da accudire. Tagliando corto, nel 1914 Pietro ebbe una relazione con una ragazza del circondario, la quale rimase incinta e generò una figlia; cosicché‚ i genitori di lei chiesero a Pietro un cospicuo risarcimento che lo costrinse a vendere il podere di Casticciano (quella bambina morì poi in tenera età durante la guerra). Fu una rovina. Venuto a conoscenza dell'accaduto Don Sebastiano, che era un uomo tutto d'un pezzo e fermo nei suoi principi, non esitò a ordinare a Pietro, benché‚ fratello, di allontanarsi dalla sua casa.
	Pietro, rimasto praticamente al lastrico, senza casa e senza terra, decise di trasferirsi a Forlì, dove prese in affitto una casa in piazza delle Erbe, ed aprì una trattoria all'angolo di via Benedetti. Maria, la sventurata, con sette figli da sfamare e col suo innato alto senso del dovere, non potette far altro che seguire il marito ed  "ingoiare il rospo".
                Fu quella una buona scelta, che con i figli già giovinetti e la moglie, instancabile donna che lavorava in cucina dall'alba al tramonto, riuscì a mandare avanti questa attività a conduzione familiare, traendone un discreto profitto.

A complicare le cose, l'anno seguente scoppiò la Grande Guerra, Pietro dovette partire per il fronte; combatté‚ sulle alture del Carso e di Asiago durante il lungo conflitto. Nel 1917 a Forlì, nacque Nello, frutto di una sporadica licenza; nel 1919 un'ultima figlia di nome Nedda. 
	Nel 1922, Pietro e la famiglia si trasferirono a Carpinello, dove aprì una bottega di sale tabacchi e osteria. Rimasero a Carpinello circa due anni e nel 1924 di nuovo tornarono a Forlì, dove Pietro prese in gestione una trattoria, all'attuale numero civico 73 di c.so Diaz, chiamata "Osteria del Cannone", dal soprannome del proprietario dell'edificio, appunto un certo "Cannone".

Giuseppina nel 1923 sposò Erminio (Guglielmo) Berardi di Forlì; Geltrude, poco più tardi nel 192.. sposò Gaetano (Ghitn) Pagnotelli, anch'egli  di Forlì. Sia Erminio che Gaetano erano comunisti, e non Avevano la tessera del partito fascista, all'ora necessaria per essere assunti in enti pubblici, specie in quelle zone, così nel 1926 dovettero cercare lavoro altrove. Giunsero così a Colleferro (Roma), dove da poco era sorto un Cementificio della B.P.D. "Bombrini Parodi Delfino", ed era noto che assumevano personale senza richiedere la tessera del partito. Portarono con loro le mogli ed il piccolo Luciano, figlio di Giuseppina e si stabilirono a Colleferro, dove Erminio venne assunto come tornitore e Gaetano come calderaio (un mestiere simile al fabbro).
	Intanto a Forlì, andava tutto abbastanza bene, c'erano meno bocche da sfamare ed era tornata la serenità in famiglia; ma un'altra sventura stava per incombere sulla famiglia: a causa di una partita di vino andata a male, nell'autunno del 1926 mancò la "materia prima" per mandare avanti l'osteria. Fu un disastro! Pietro, coperto di debiti fino al collo, ben 7000 lire, che a quei tempi erano un patrimonio, ormai sfrattato, fu costretto a prendere l'amara decisione di abbandonare la terra natia, convinto dalla figlia maggiore Giuseppina, che si trovava a Forlì per partorire la sua seconda figlia Giuliana, nata il 26 novembre del 1926. Giuseppina, venuta al corrente della sciagura, in dicembre tornò a Colleferro, lasciò la figlia e in gennaio ritornò a Forlì per aiutare genitori e fratelli.

Nella gelida notte del 17 gennaio del 1927, alla stazione di Forlì, Pietro sale sul treno insieme alla moglie Maria e i figli, Giuseppina, Nino, Teresa, i due bambini, Nello (10 anni) e Nedda (8 anni) e tutto quello che riuscirono a portare con loro,...compresi i debiti, diretti a Colleferro.
	Il direttore del cementificio, un certo ingegner Vittori, anch'egli di origine Romagnola, che già aveva potuto apprezzare le capacità e la volontà di Erminio e di Gaetano, fu ben disposto ad aiutare il resto della famiglia. Fu come un " messia", egli prese a cuore i problemi di Pietro e fece subito assumere nel cementificio: Pietro stesso, in portineria come guardiano; Nino come apprendista; e prese a servizio in casa propria Teresa. Alla famiglia venne dato in affitto un appartamento della ditta a "ferro di cavallo", di fronte l'ospedale. 
	Qualche tempo dopo, anche Luigi e Delia, vennero a Colleferro, e si ricongiunsero col resto della famiglia.
	Giovanni, rimase a Casticciano in casa dello "Zio Prete".
	L'anno successivo, venne in visita allo stabilimento, che era già uno dei più grandi d'Italia, il ministro Arnaldo Mussolini, il fratello più giovane di Benito; quando seppe che Pietro Raineri lavorava lì, lo avvicinò e gli chiese come si trovava e se avesse bisogno di aiuto. Pietro, orgoglioso nel suo carattere, gli rispose che stavano tutti bene e che non avevano bisogno di niente.

A Colleferro la quiete durò poco, poiché‚ già nell'estate del 1928, giunse un'altra sventura: la piccola Delia si ammalò di tubercolosi e, appena quattordicenne, il 15 settembre si spense nell'ospedale di Colleferro.
	Due anni dopo, mentre non si era ancora placato il dolore per la scomparsa della bambina, anche Luigi, giovane diciottenne, forte ed atletico, ciclista dilettante, si ammalò di tifo, malattia fatale specie a quei tempi. Venne ricoverato nell'ospedale di Anagni dove tra il dolore di tutti i famigliari il 19 ottobre del 1930 emise l'ultimo respiro.

Nel 1931, anche Nello (mio padre), ormai quattordicenne, iniziò a lavorare presso il cementificio nell'officina elettricisti. Nello era anch'egli uno sportivo e iniziò a praticare la palestra della B.P.D. dove imparò a fare il pugile; era un ragazzo molto forte ed impulsivo e il pugilato gli fu utile a dare sfogo alla sua innata vitalità.
	Trascorsero così altri anni, fino a quando, nel 1939, scoppiò il secondo conflitto mondiale; Nello che era già militare in marina come volontario, venne trattenuto e Nino fu richiamato alle armi. Passarono così anni di continua trepidazione, che a Maria, protagonista instancabile in ogni circostanza specie in tutti quei periodi drammatici trascorsi, si rivelarono fatali. Cosicché‚ il 19 luglio del 1944 questa degna donna, fra la disperazione dei famigliari, venne a mancare.
	A questo punto ritengo doveroso riportare l'epigrafe di quella mamma che tanto si prodigò per la propria famiglia, con immenso spirito di abnegazione e di sacrificio e che purtroppo, seppur mia nonna, non ho avuto il piacere di conoscere.

Terminata la guerra, tutti i figli si sposarono e si sistemarono dignitosamente. Pietro ormai da tempo in pensione, rimase in casa con Nedda e suo marito Ilario Girardi (di Roma). Egli venne accudito e nonostante le sue sregolatezze (spesso eccedeva nel bere), veniva sempre sopportato e riverito con esemplare rispetto. Ammalatosi di cirrosi epatica, il 6 agosto del 1956, si spense nell'ospedale di Colleferro, tra le braccia dei propri figli che sempre lo amarono.

* Fonte: Riccardo Raineri

Domenico (Cireneo) ed Anna, circondati dai nipoti - Casticciano 1922

Nonno Pietro e nonna Maria (Colleferro 1928)

Pietro Raineri
n. 19/4/1879 a Varano; m.6/8/1956 a Colleferro
Il 15/11/1900 sposa Maria Lombardi
-10 figli-

Giuseppina n.3/8/1902 a Predappio; m.28/3/1993
sp.Guglielmo Berardi di Forlì
Geltrude n.31/5/1904 a Casticciano; m.4/5/1967 a Colleferro
sp.Gaetano Pagnotelli di Forlì Nino
n.28/10/1906 a Casticciano; m.7/8/1970 a Colleferro
sp.Adelinda Agnolini
Due figli: Carla e Mario
Risiede a Colleferro Teresa n.1/3/1908 a Casticciano; m.16/11/1979 a Colleferro
sp.Guido Di Bartolomei di Velletri
Luigi n.26/1/1910 a Casticciano; m.20/10/1910 a Casticciano
Luigi n.3/2/1911 a Casticciano; m.19/10/1930 ad Anagni GIOVANNI
n.15/3/1912 a Casticciano;
m.27/05/2005 a Forlì
sp.Cristina Zecchi n.18/5/1910 a Polenta
m.28/9/2003 il 25/8/1932
I miei genitori Delia n.14/3/1914 a Casticciano; m.15/9/1928 a Colleferro Nello n.11/6/1917 a Forlì; m.7/10/1984 a Colleferro
sp.Fernanda Ferrazza di Segni
Due figli: Riccardo -lo storico della famiglia-
e Piero
Risiedono rispettivamente a Vicenza e a Colleferro Nedda n.16/6/1919 a Forlì.
sp.Ilario Girardi di Roma
Risiede a Colleferro

Delia
n.10/10/1932
m. 4/11/2010
sp. Antonio Dal Pozzo
Un figlio: Marco Orazio
n. 1/1/1935;
m. 1/5/1996
sp.Renata Righini
Due figli: Roberto e Roberta Bruna
n.17/8/1936; m.30/11/1942 Giovanna
n.10/6/1938
m.8/11/2021
sp. Vito D'Arcangelo
Due figli: Domenico e Giovanni Gianfranco
n. 23/9/1942
m. 6/6/2003
sp. Marisa Mosconi
Due figli: Paolo e Cristina
Paolo sp. Elena Cornacchia
l'11 febbraio 2018 Bruno (io)
n. 3/7/1946
sp. Marina Laraia
l'11/11/1972
Due figli: Carlo e Luca

Roberto due figli:
Serena n. 6/11/1990
Marco n. 27/2/1997 Carlo sp. Isabella Giorgesi
il 20/10/2007
Un figlio: Mattia
n. 19/09/2007
Divor. il 25/11/2013
-.-.-.-
Sp. Hari Sofiawati
il 1/10/2015
Una figlia: Aisha
n. 28/12/2016 Luca e Lucia Bergamini
Un figlio: Diego
n. 29/06/2019

I figli di Pietro (mio padre e i miei zii)
Foto d'epoca della famiglia di Giovanni e Cristina (i miei genitori e i miei fratelli)
Io e i miei fratelli - anno 1965 (da sinistra: Bruno (io), Franco, Giovanna, Orazio (Cicci), Delia)
* I Raineri maschi discendenti di Luigi Matteo, nipote di Lodovico nato a Palazzo Salto di Predappio Alta (oggi "Villa Salta") e morto a Montezoppo, attualmente (maggio 2015) risiedono a Colleferro (Mario, suo figlio Emilano e suo nipote Giovanni; Piero e suo figlio Alessio), a Carré-Vicenza (Riccardo) e a Forlì (Bruno e i suoi figli Carlo e Luca, Mattia, mio nipote, figlio di Carlo; Roberto (figlio di Orazio) e suo figlio Marco; Paolo (figlio di Gianfranco).

Alcune notiazie di Giovanni Raineri, mio padre

Ai primi di dicembre 1997 il cugino Riccardo, sempre intento a raccogliere informazioni sui Raineri del passato e di oggi, mi chiede notizie su Giovanni, mio padre. E' così che mi rendo conto di saper poco della sua vita. Inevitabile, quindi, procedere ad una intervista, che viene fatta il 14 dello stesso mese. Ed ecco chi è mio padre: > Titolo di studio: IV elementare. > Settimo di dieci fratelli, trascorre la sua infanzia a Forlì. I genitori, per ragioni di lavoro si trasferiscono a Colleferro nel 1927 con il resto della famiglia. Unico a rimanere in Romagna è Giovanni, che va ad abitare con lo zio Don Sebastiano a Casticciano. Qui conosce Cristina Zecchi che sposa in data 25 agosto 1932. > Dal 4 marzo 1933 al 9 aprile 1934, svolge il servizio militare presso il 3° Reggimento Artiglieria pesante, prima a Rimini, poi a Reggio Emilia in qualità di autista. > Terminato il servizio militare, lavora per circa un anno alle dipendenze del corriere Gagliardi Ugo di Forlì, svolgendo il lavoro di autista di autotreni. > Nel 1935 fonda una società di trasporti assieme all'amico Ettore Mingozzi. Negli anni dell'Impero (quindi dopo il 29 maggio 1936) le autorità militari di allora offrono alla società prospettive di lavoro in Etiopia. Ettore Mingozzi si trasferisce nella colonia italiana con un mezzo della società. Giovanni, già padre di 3 figli, prosegue l'attività di trasportatore in Italia. > All'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940), Giovanni viene esonerato dal richiamo alle armi in quanto padre di 4 figli (*). > Le vicissitudini belliche, vedono il Mingozzi in Etiopia, dove, alla caduta dell'Impero (27 novembre 1941) viene fatto prigioniero, e Giovanni in Italia a svolgere servizio civile per l'alimentazione. Questa attività va ricordata in quanto è proprio per questo suo impegno civile in tempo di guerra e per non essersi mai iscritto al Partito Nazionale Fascista (**), che nel 1969 gli viene conferita l' onorificenza di Cavaliere (***). Le autorità assegnano a Giovanni un residuato di guerra (un camion francese a metano) con l'incarico di trasporto alimenti, legname ed altri generi, dai centri di produzione e di raccolta ai centri di distribuzione alla popolazione (ospedali, ospizi, ecc...). Per tutto il periodo della guerra svolge questo lavoro, non privo di pericoli in quanto l'autocarro fu alcune volte oggetto di attacchi da parte di aerei inglesi ed americani (così racconta Giovanni ...). > Al termine della guerra, salvata la pelle e rientrato il socio Ettore dall'Africa, la società riprende l'attività di trasporti. >>> Altro particolare degno di ricordo: nell'immediato dopoguerra, l'attività di trasportatore portò Giovanni a fare dei viaggi a Roma e zone circostanti. In alcuni di questi viaggi trasportò anche generi alimentari (ortaggi, polli, uova, vino ecc...) dal podere di Villa Carpena (S. Martino in Strada di Forlì) della famiglia Mussolini a via Asmara in Roma, dove viveva Donna Rachele con i figli Romano e Anna Maria. Racconta il Giovanni delle soste in via Asmara e delle chiacchiere con Donna Rachele e di quando Lei gli chiedeva perché, nonostante il grado di parentela, non si era mai fatto sentire, durante gli anni del governo del Duce, per raccomandazioni, favori o altro. >In uno di questi viaggi, mentre trasportava mobili sempre per la famiglia Mussolini, Giovanni fu coinvolto in un grave incidente stradale a Città di Castello, dove rimase ferito. Porta ancora una vistosa cicatrice al polpaccio destro. > Sciolta la società col Mingozzi, ha seguitato il lavoro di trasportatore in proprio. Nei suoi ultimi anni di attività è stato proprietario di alcuni autotreni per il trasporto di cemento sfuso della Italcementi di Vignola (Modena). > Il suo alto senso del dovere, l'onestà e la sua sincera disponibilità verso il prossimo, sono i più nobili valori che lo hanno sempre distinto. Non è poco !?! (*) A onor del vero c'è da dire che Giovanni non sarebbe mai arrivato al fronte. Come da Lui più volte ammesso, sarebbe "morto" d'infarto dalla paura al momento del ricevimento della chiamata alle armi. "Cuor di Leone" deve al numero dei figli l'aver salvato la pelle negli anni della guerra. (**) Non si è mai iscritto al P.N.F. per il suo innato disinteresse per la politica, e perché nessuno gli ha mai chiesto o imposto di farlo. (***) In seguito alla segnalazione del prof. Domenico D'Arcangelo, padre di Vito, marito di mia sorella Giovanna, il 2 Giugno 1969 a Giovanni viene conferita l'onorificenza di "Cavaliere al Merito della Repubblica", con firma dell'allora Presidente della Repubblica Antonio Saragat e del Presidente del Consiglio Rumor. E' iscritto nell'elenco dei Cavalieri Nazionali al n° 69873, serie II. Forlì: 14 dicembre 1997 - Bruno Raineri Forlì: 27 maggio 2005 - Oggi, alle ore 16.15, presso l'ospedale Villa Serena di Forlì, è deceduto mio padre in seguito ad una improvvisa infezione alle vie urinarie scatenatasi circa il 10 aprile scorso che ha compromesso e debilitato progressivamente il suo fisico. Segnalo ciò che di mio babbo ho scritto dopo la sua morte e che è presente nella Home Page del sito, nella sezione "IN MEMORIA DI: - Mio babbo".

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Giuseppina n.3/8/1902 a Predappio; m.28/3/1993 sp.Guglielmo Berardi di Forlì Geltrude n.31/5/1904 a Casticciano; m.4/5/1967 a Colleferro sp.Gaetano Pagnotelli di Forlì	Nino n.28/10/1906 a Casticciano; m.7/8/1970 a Colleferro sp.Adelinda Agnolini Due figli: Carla e Mario Risiede a Colleferro	Teresa n.1/3/1908 a Casticciano; m.16/11/1979 a Colleferro sp.Guido Di Bartolomei di Velletri Luigi n.26/1/1910 a Casticciano; m.20/10/1910 a Casticciano Luigi n.3/2/1911 a Casticciano; m.19/10/1930 ad Anagni	GIOVANNI n.15/3/1912 a Casticciano; m.27/05/2005 a Forlì sp.Cristina Zecchi n.18/5/1910 a Polenta m.28/9/2003 il 25/8/1932 I miei genitori	Delia n.14/3/1914 a Casticciano; m.15/9/1928 a Colleferro	Nello n.11/6/1917 a Forlì; m.7/10/1984 a Colleferro sp.Fernanda Ferrazza di Segni Due figli: Riccardo -lo storico della famiglia- e Piero Risiedono rispettivamente a Vicenza e a Colleferro	Nedda n.16/6/1919 a Forlì. sp.Ilario Girardi di Roma Risiede a Colleferro

Delia n.10/10/1932 m. 4/11/2010 sp. Antonio Dal Pozzo Un figlio: Marco	Orazio n. 1/1/1935; m. 1/5/1996 sp.Renata Righini Due figli: Roberto e Roberta	Bruna n.17/8/1936; m.30/11/1942	Giovanna n.10/6/1938 m.8/11/2021 sp. Vito D'Arcangelo Due figli: Domenico e Giovanni	Gianfranco n. 23/9/1942 m. 6/6/2003 sp. Marisa Mosconi Due figli: Paolo e Cristina Paolo sp. Elena Cornacchia l'11 febbraio 2018	Bruno (io) n. 3/7/1946 sp. Marina Laraia l'11/11/1972 Due figli: Carlo e Luca